In questo numero

Cosa significa desiderare? Perché ci lasciamo sommergere dal suo sentire ambivalente, quel folletto che mescola nello stesso bicchiere ardore e vertigine, pienezza, oserei dire persino esuberanza e precipizi di vuoto? E portando ancora più alla radice la domanda: perché siamo della stessa essenza del desiderio? Giacché non si può vivere senza desiderare e, forse, il vivere stesso è consustanziale al desiderio. La nostra natura animale ci rende peripatetici nel mondo, animati non in quanto dotati di movimento, ma piuttosto perché un magma interno precede le nostre peregrinazioni, le sostiene, quella sensazione di non essere bastevoli a se stessi: l’essere desideranti.
Le radici del desiderio sono immerse nel passato, come se il nostro corpo altro non fosse che la fiamma di una combustione remota, un’ombra di qualcosa non più presente, ma che ancora rivendica un proprio spazio ontologico. Potremmo dire – e non è un azzardo – che, attraverso noi, un fiume di esistenze trascorse riprende voce, proprio in questo nostro riportare in vita le loro passioni. L’essere desideranti è, infatti, un retaggio che ci è stato consegnato dai progenitori, una propensione che portiamo dentro ancor prima di raggiungere la luce del mondo e stupirci della magnificenza di ciò che è presente. Questa eredità ci rende proiettivi sul mondo, ardenti dalla voglia di operare su ogni cosa, quella vaghezza che si esprime in modo palese e diretto nella mano di un neonato che si protende sull’orizzonte. Il desiderio, allora, utilizza l’oggetto come scusa-target di un bisogno espressivo più profondo, che trova conforto nell’azione e, viceversa, dà inquietudine e sofferenza nella staticità. Come siamo costituiti per respirare e per mangiare, così lo siamo per desiderare.
La nostra natura prevede una condizione psicologica particolare che possiamo definire, per l’appunto, come l’essere desideranti, che non significa avere in testa dei desideri particolari e precisi, quanto piuttosto sentire dentro di sé il bisogno di operare sul mondo, di proiettarsi in esso, alla ricerca di qualcosa di non ben definito.
L’essere desideranti è costitutivo di ogni espressione e forma dell’animalità giacché ogni vita, nel suo profondo, è desiderio.

La rivista AS

La rivista per conoscere tutto ciò che concerne la nostra relazione con gli animali da un punto di vista naturalistico, etologico, bioetico e zooantropologico. Animal Studies è diretta da Roberto Marchesini e ha uscita trimestrale.
Animal studies è una rivista trimestrale peer–review che affronta da un punto di vista filosofico problemi di tipo etico, politico, scientifico e culturale legati al nostro complesso rapporto con la natura, con particolare attenzione alla questione del rapporto con gli animali non-umani.
Oltre ad articoli di approfondimento e interviste ai protagonisti dei dibattiti nazionali e internazionali su tali tematiche, la rivista presenta al lettore un’aggiornata documentazione sull’argomento (libri, convegni, film ecc.) in un’apposita rubrica di recensioni, utile strumento di orientamento.
La rivista si pone infine come luogo ideale di dibattito, offrendo ampio spazio ad interventi che discutono e problematizzano le tesi ed i contenuti pubblicati, in un’apposita sezione dedicata al confronto tra gli autori e tra autori e lettori. Animal studies intende così proporre al lettore un panorama aggiornato e ampio delle diverse posizioni teoriche nella convinzione che solo la spassionata ricerca della verità possa condurre a soluzioni praticabili dei problemi posti e contribuire ad un reale avanzamento morale e civile della società contemporanea.